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Infortuni sul lavoro, dati INAIL in chiaroscuro

La relazione pubblicata dall’INAIL lo scorso luglio ha prodotto una fotografia non propriamente sorridente in materia di infortuni e sicurezza sul lavoro. Il dato che maggiormente balza agli occhi, infatti, è la controtendenza rispetto al 2016, che aveva fatto segnare un calo del 14% di denunce di infortuni, così come per i decessi causati o riscontrati “sul lavoro”. Nella prima metà del 2017, invece, c’è stata un’inversione di tendenza, evidenziata dal numero di decessi conseguenti a infortuni sul lavoro, aumentati del 5,2%, più precisamente a quota i 591 contro i 562 dei primi sette mesi del 2016 (gli ultimi dati aggiornati sono successivi alla pubblicazione della relazione INAIL).

I numeri in sé potrebbero destare preoccupazione, tuttavia è bene subito precisare che tutte le statistiche e le rilevazioni vanno necessariamente analizzate tenendo conto di una serie di variabili. Per esempio, l’incidenza degli infortuni mortali “fuori dall’azienda”, come i sinistri, è superiore al 50% del totale, ma spesso i dati sono suscettibili di variazioni, dovute a inchieste e accertamenti legali su finalità lavorative, la normalità del tragitto e la compatibilità degli orari. Le letture, pertanto, possono davvero essere molteplici. Basti pensare, infatti, che simili tendenze potrebbero dipendere anche dal calo della disoccupazione, che ha comportato un, seppur sensibile, incremento dei lavoratori e conseguentemente anche del numero delle situazioni rischiose. Se a questo si aggiunge che le rilevazioni INAIL tengono conto anche di una fetta di lavoro sommerso, si potrebbe pensare che i dati di cui sopra possano essere quasi indecifrabili, perché soggetti a troppe appendici.

In realtà non è propriamente così. Al netto della precisione statistica, è emersa una serie di spunti di riflessione da non sottovalutare. Le malattie professionali, per esempio, in cinque anni sono aumentate del 30%, anche se, in prospettiva, questo è sinonimo anche di una crescente consapevolezza e cura della salute da parte di datori e lavoratori. Di queste, ad ogni modo, sono stati registrati circa 1400 casi di patologie asbesto-correlate diagnosticate. Si tratta di un numero tutt’altro che irrilevante, se si considera che sono trascorsi ben 25 anni dall’approvazione della legge che ha proibito lavorazione e uso dell’amianto, causa principale di tali malattie (tra le quali il gravissimo mesotelioma pleurico), con lunghissimo periodo di latenza.

In conclusione, l’analisi sulla situazione della sicurezza in Italia necessita di una serie di approfondimenti per raggiungere un quadro meglio definito. Tuttavia, è fuor di dubbio che i passi avanti da compiere non siano ancora pochi. Un buon punto di riferimento potrebbero essere le parole del Presidente della Repubblica Mattarella, che, sintetizzate in una nota del Quirinale a margine di due tragedie di questa estate, ha dichiarato che “il nostro Paese non può rassegnarsi a subire morti sul lavoro. È indispensabile che le norme sulla sicurezza nel lavoro vengano rispettate con scrupolo e i controlli devono essere attenti e rigorosi”. Un monito per ricordare che, qualunque sia il resoconto statistico, morti e infortuni sul lavoro sono sempre troppi, pertanto è opportuno ricorrere alle migliori strategie e alla più efficace consulenza, al fine di raggiungere sicurezza sul lavoro, salute e incremento della produttività al tempo stesso.